L’artista ha iniziato a dipingere in giovane età, partendo da una rappresentazione figurativa di tipo naif e da un cromatismo fauve. La successiva formazione artistica ha svolto una profonda evoluzione, avvicinandolo sempre più ai tradizionali modi di fare pittura, con particolare cura del disegno e della ricerca cromatica: più attenta e raffinata. L’amicizia con il conterraneo pittore Matteo Pedrali, noto esponente del “Chiarismo Lombardo”, lo avvicina a questa corrente. La rappresentazione figurativa ora diventa più frammentata, il cromatismo sempre più diafano e il colore bianco il punto d’arrivo. Questo periodo che va dagli anni ‘ 70 alla fine del ’90 chiude il primo ciclo pittorico di Labianca.
Dal 1995 al ’98, abbandona la pittura e si dedica quasi esclusivamente alla grafica, dove consegue importanti riconoscimenti e premi a livello nazionale.
L’esigenza sempre più crescente di sintesi formale e pittorica, lo portano successivamente ad un ulteriore decostruttivismo della figura, dove ora è il frammento, il dettaglio e il particolare a rappresentare il corpo. Contano le parti, non il tutto e, a uscirne decomposta è la persona, la sua “unità” e in questa metamorfosi promiscua il soggetto diventa spettatore di se stesso.
Questa tematica, così poco usuale, eppure tanto sentita in questi anni d’inizio millennio, viene affrontata dal Labianca, in modo personale e originale, attraverso il collage polimaterico. I colori caldi delle terre, la foglia d’oro, l’utilizzo del legno e delle suture colorate sono gli elementi che caratterizzano le opere del secondo ciclo pittorico degli anni 1998-2008.Nelle opere dell’ultimo periodo la figura decomposta scompare e lascia il posto alla frammentazione poetica della superficie. La professione di architetto, la ricerca e lo studio iconografico degli alfabeti antichi e la loro evoluzione storica, lo portano ad approfondire l’interrelazione tra le forme iconografiche degli alfabeti e le strutture metrico-lessicali della scrittura ed in particolare della poesia.
Negli ultimi lavori si fa indistinto il confine tra scrittura e pittura, tra l’alfabeto-parola e il segno pittorico come mera forma espressiva.
La tela-pagina si presenta come una superficie nobilitata da segni e aggregazioni formali che si articolano e si sviluppano come un linguaggio vero e proprio, dove è stretto ed evidente il rapporto tra segno e struttura lessicale, tra pause e ritmi, tra significato espressivo e significante iconografico e cromatico dell’opera.
Gli alfabeti pittorici di Labianca danno quindi origine ad insiemi di strutture formali pseudo lessicali, non arbitrarie e o casuali, ma frutto di un sofisticato ragionamento matematico-metrico, dove forma e colore assumono un valore comunicativo autonomo e personale.